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BOLLA PAPALE DI PASQUALE II del 6 novembre 1103

Pasquale Vescovo servo dei servi di Dio dà al diletto figlio prete il saluto e l'apostolica benedizione, Abbiamo osservato la tua devozione, poichè hai offerto la chiesa di Brugora al beato Pietro ed alla sua Roma Chiesa, e noi così ricevendola, abbiamo stabilito in primo luogo che rimanesse libera completamente da ogni peso e ogni anno pagasse secondo la moneta di Milano
12 soldi al Laterano. Abbiamo decretato che qualunque possessione la stessa chiesa giustamente ora possiede o possiederà in futuro per largizione del Signore sempre sicuramente e completamente siano conservate, e religiosamente
serviranno per gli usi di quelli che servono il Signore. Nessuno possa temerariamente perturbare la stessa chiesa o portar via tutte le cose che le appartengono con qualsiasi occasione. Ma se qualcuno, avendo conosciuto il contenuto di questo decreto, tenterà di contravvenirlo, se non ha soddisfatto ai moniti canonici della chiesa, sappia che è degno di essere castigato dalla indignazione dell'onnipotente Dio e del beato Pietro principe degli apostoli e di essere ferito dalla spada acuta dello Spirito Santo. Chiunque in verità avrà cercato di aiutare la stessa chiesa e quelli che in essa servono Dio, e di onorarli con le proprie sostanze, consegua la grazia di Dio Onnipotente e dei suoi apostoli.


BOLLA PAPALE DI CALISTO II del 21 aprile 1120

Il vescovo CALISTO servo dei Semi di Dio. Alla diletta figlia Beatrice abbadessa del monastero di S. Pietro di Brugora ed a tutte quelle che dopo di lei nel medesimo governo succederanno regolarmente, per sempre. Piamente la richiesta, per effetto di volontà, deve essere perciò adempiuta. Poichè dunque il tuo affetto rifugiandosi nella Sede apostolica chiese con la dovuta devozione la sua protezione, noi approvammo con clemenza la tua devozione e decretiamo che il monastero del beato Pietro, a cui per volontà di Dio sei a capo, secondo l'esempio del signor nostro predecessore papa Pasquale di
buona memoria, rimanga completamente sciolto da ogni successivo gravame di cose mortali e fortifichiamo tanto lo stesso monastero quanto tutte le cose che gli sono attinenti con il patrocinio della Sede apostolica. Abbiamo
stabilito anche che nessun uomo completamente possa temerariamente perturbare il medesimo luogo; o per qualsivoglia occasione, tutte le cose che ha potuto portar via, o diminuire o aggravare con temerarie vessazioni; ma tutte le cose che ora possiede secondo diritto, o in futuro, dandoglielo il Signore, potrà acquistare secondo giustizia e canonicamente, sempre rimangano sicure ed intere; serviranno per gli usi di quelli che lì servono, nei servizi sacri. del Signore. Inoltre concediamo che voi abbiate le " decime dei vostri frutti, che voi raccogliete a vostro dispendio e fatica. fuori dall'obbedienza dei vescovi e dei ministri vescovili. Ricevete le consacrazioni degli altari della vostra chiesa. le benedizioni dell'abbadessa e delle cose consacrate dall'arcivescovo di Milano, se pure sarà cattolico, e se avrà voluto prestare quelle funzioni gratis e senza aggravi; altrimenti vi sia lecito andare da un sommo sacerdote cattolico, che avrete preferito, e prendere da lui i medesimi sacramenti. Ma per questa libertà ottenuta dalla Chiesa Romana, dovete pagare ogni anno al Laterano 12 soldi in monete milanesi. Se dunque qualcuno, avendo conosciuto il contenuto di questo decreto, temerariamente tenterà di andarvi contro, cosa che non si può, vedrà in pericolo il proprio onore e carica, o sia colpito con la pena della scomunica, a meno che una degna soddisfazione componga la propria presunzione. Chi in verità lo rispetterà, ottenga la benedizione e le grazie dell'onnipotente Dio e dei suoi apostoli Pietro e Paolo.
Io Calisto vescovo della chiesa cattolica ...
Scritto a Piacenza da Grisogone diacono e cardinale e bibliotecario della Santa Romana Chiesa, XI Kalende di Maggio (21 aprile), nella terza indizione, nell'anno della incarnazione del Signore 1120, nel I1 anno del pontificato del Signore Papa Calisto).

BOLLA PAPALE DI INNOCENZO II del 7 aprile 1139

Vescovo Innocenzo servo dei servi di Dio, alla diletta figlia Beatrice, abbadessa di S. Pietro a Brugora ed a tutte quelle che dopo di lei regolarmente saranno successe nella medesima carica, per sempre. Convenne all'apostolica clemenza dare un facile consenso ai religiosi desideri, affinchè risplenda lodabilmente la sincerità della devozione, e l'utilità richiesta senza dubbi
prenda forza. Per la qual cosa, o diletta figlia in Gesù Cristo abbadessa Beatrice, sia per la tua devozione, sia anche per la preghiera del carissimo nostro fratello Riboldo arcivescovo di Milano, decretiamo che il monastero, a cui per grazia di Dio sei a capo, secondo l'esempio dei nostri predecessori, Pasquale di santa memoria e Calisto, pontefici romani, completamente prima
di tutto rimanga libero dai pesi mortali e fortifichiamo tanto lui quanto tutte le cose che gli sono attinenti col patrocinio della Sede apostolica. Abbiamo stabilito anche che qualunque possesso e qualunque bene il monastero possegga ora secondo grazia e legittimità, o in futuro per concessione dei pontefici, per elargizione dei re, o dei principi, per oblazione dei fedeli o per altre giuste vie sotto la protezione del Signore, potrà acquistare rimanga sicuro ed intoccato a te ed ai tuoi successori per sempre. Inoltre concediamo che voi teniate le decime dei vostri frutti, che raccogliete a vostre spese e fatiche, all'infuori della obbedienza dei vescovi o dei ministri vescovili. Ricevete anche la consacrazione della vostra chiesa o degli altari, la benedizione della Badessa e delle cose consacrate dall'arcivescovo milanese, se pure sarà cattolico e se vorrà prestare quelle cose gratis e senza aggravamenti; altrimenti vi sia lecito andare da un sommo sacerdote cattolico che preferite, e prendere da lui i medesimi sacramenti. Decretiamo che pure la sepoltura nel medesimo monastero sia libera completamente, come naturalmente sia libera la sepoltura di quelli che delibereranno di essere sepolti lì, per devozione ed estrema volontà; a meno che non siano scomunicati, nessuno si opponga. Sia pure lecito a voi, ogni qualvolta ci sarà bisogno, per il
servizio di Dio e del vostro monastero, scegliere come cappellano della parrocchia di Milano una persona onesta ed idonea, e liberamente trattenerla nel medesimo luogo anche contro la contraddizione di qualsivoglia. Ma come indice di questa libertà ottenuta dalla chiesa romana, ogni anno date al Laterano 12 soldi in monete milanesi. Se dunque in seguito una qualche persona ecclesiastica o secolare, conoscendo il contenuto di questa nostra concessione, e costituzione tenterà temerariamente di andarvi contro, ammonito, se non darà congrua giustificazione del proprio reato, incorrerà nella indignazione dell'onnipotente Dio e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo e sia sottomesso alla scomunica. Ma a quelli che conservano inalterate quelle cose che il monastero ha, finchè ricevano il frutto il premio dell'eterna sia con loro la pace del Signore nostro Gesù Cristo, finchè ricevano il frutto della buona azione e trovino presso il severo giudice pace. Così sia.
Seguono le firme.
Scritto per mano di Imerico diacono e cardinale della santa romana chiesa e cancelliere, VI1 idi di febbraio, II indizione, dell'anno dell'incarnazione del Signore 1139, sotto il pontificato del Papa Innocenza II anno 9°

BOLLA PAPALE DI ALESSANDRO III del 28 giugno 1180

Alessandro vescovo servo dei servi di Dio. Alle dilette figlie in Cristo Margherita Abbadessa del monastero dei SS. Pietro di Brugora ed alle sue sorelle che tanto ora quanto in futuro hanno per sempre professato le regole di vita. Alle vergini prudenti, che sotto abito religioso con lampade accese attraverso ad opere di pietà continuamente si preparano ad andare incontro
allo sposo, la sede apostolica deve porgere aiuto, perchè per caso il concorso di una qualsiasi temerarietà o non le richiami dal proposito o non le forza, poichè s'oppone, rompa la sacra religione. Per le quali cose, o dilette figlie in Cristo, liberamente abbiamo acconsentito alle vostre giuste richieste ed abbiamo preso il vostro monastero di Pietro di Brugora, nè,
quale voi siete rilegate per ossequio divino, ciò che secondo il diritto e la proprietà della Romana chiesa si sa che gli appartiene, secondo felice ricordo dei nostri predecessori Pasquale, Calisto e Innocenza, pontefici ro.
mani, sotto la protezione del beato Pietro e di noi, e lo comunichiamo con il privilegio del presente scritto. Stabilendo che qualunque possesso e qualunque bene il medesimo monastero ora seindi giustizia e canonicamente
possiede o in futuro per concessione dei pontefici, per elargizione dei re e dei principi per offerta dei fedeli o con altri giusti modi, per permesso del Signore, potrà acquistare, rimandano a voi ed a quelli che vi succederanno
sicuri ed intoccati. E pure nessuno presuma di chiedervi le decime delle vostre messi, che coltivate con le vostre mani o spese, così dei nutrimenti dei vostri animali. Riceverete invero i crismi, l'olio santo, le consacrazioni degli altari
e delle basiliche, la benedizione dell'abbadessa e delle cose sacre dall'arcivescovo di Milano, purchè sia cattolico ed abbia avuto la grazia e la partecipazione con la Sede apostolica, e dovrà offrirvi quegli uffici gratis e senza alcun
gravame. Altrimenti vi sia lecito andare da un sommo sacerdote, quello che scieglierete, che con la vostra autorità acconsentirà a quello che è richiesto. Vi sia anche lecito, ogni qual volta vi sarà bisogno, sciegliere dalla parrocchia
di Milano per il servizio di Dio e del vostro monastero una persona onesta ed adatte come cappellano e trattenerlo nel monastero senza curarsi della contraddizione di qualsivoglia. Pure, poiché dobbiamo provvedere con una certa
benignità alle donne dedicate al Signore per la debolezza del loro sesso, acconsentiamo a voi secondo l'autorità apostolica, affinchè la vostra abbadessa non sia costretta a dare a qualcuno l'opera di obbedienza. Inoltre decretiamo che
la sepoltura nel monastero sia libera, affinchè nessuno s'opponga alla devozione ed all'estrema volontà di quelli che abbiano deliberato di venirvi seppelliti, a meno che non siano scomunicati od interdetti. Dunque abbiamo decretato che a nessuno degli uomini sia lecito temerariamente perturbare il predetto monastero o portar via i suoi possedimenti e
trattenerli, diminuirli o aggravarli con qualsiasi vessazione, ma tutte le cose vengano conservate integre, sono concesse alle suore per il loro sostentamento, gioveranno per qualsiasi uso salva l'autorità della Sede apostolica. Ma per indicazione
di questa libertà ottenuta dalla chiesa Romana, ogni anno dovete pagare al Laterano 12 soldi di monete di Milano. Così sia.
(Seguono le firme)
Scritto a Tuscolo per mano di Alberto prete, cardinale e cancelliere di
Santa Romana Chiesa, IV Kalende di luglio (28 giugno); XIII indizione, nell'anno
della incarnazione del Signore 1180, nel pontificato del Papa Alessandro
terzo anno XXI.

BOLLA PAPALE DI PIO II 3 aprile 1464

PIO servo dei servi di Dio saluta e porge apostolica benedizione al venerando fratello Giacomo Antonio vescovo parmense nella città di Milano. Agli umili voti posti per quei monasteri subito e volentieri accordiamo che qualsivoglia
persona viva sia esentata da pesi e difficoltà insoliti affinchè possa più facilmente porgere a Dio i voti, e aggiungiamo a ciò opportuni favori. La petizione a noi presentata poco tempo fa da parte della figlia diletta in Cristo Stefanina Abbadessa del convento di San Pietro di Brugora dell'ordine di San Benedetto, della diocesi di Milano, si riferiva ad Enrico di buona memoria,
cardinale di San Clemente, già capo della chiesa di Milano per concessione ed ordine papale, legato della sede apostolica, che aveva confermato, con l'autorità del proprio incarico, l'elezione a badessa del predetto monastero
della detta Stefanina in quel tempo provvisoriamente dimessa dalla carica di Badessa; conferma celebrata nel medesimo convento secondo le regole. I1 medesimo cardinale che aveva messo a capo del medesimo monastero la stessa Stefanina aveva concesso che il detto figlio Alberto da Casate, che si occupava della amministrazione dei fondi del monastero come patrono ed aiutante, venisse pagato un assegno annuo di 20 fiorini d'oro di Camera sui frutti, redditi e proventi del monastero; pagamento che doveva essere fatto per tutta la vita dall'abbadessa e dal convento ogni anno; come stabilito in certe lettere del detto cardinale. Ma, come aggiungeva la medesima supplica del detto monastero nel quale vivono al presente l'abbadessa e le altre monache professe, novizie e converse, sono oggi scarsi ed insufficienti i frutti. redditi e proventi annui del monastero, di soli 60 fiorini d'oro di camera secondo la comune stima non fuori misura; dato il numero di persone da sostentare, il dover pagare anche la stessa pensione, costituita da una causa giusta ed assegnata,
riesce di grande dispendio delle suore e del monastero; ma sia egualmente pagata ogni anno fino a questo punto.
In favore degli stessi abbadessa e convento, i quali affermano che non possono pagare la pensione per il rimanente tempo senza peso ed incomodo, ci fu presentata supplica affinché provveda opportunamente con "aiuto della
benignità apostolica. Noi dunque ben inclinati dalle suppliche della tua comunità, per mezzo di scritti apostolici comandiamo che, riguardo a quanto sopra esposto e dopo aver sentito il detto Alberto e gli altri che occorrerà, la pensione sia revocata
ed annullata; decretiamo con la nostra autorità che l'abbadessa ed il convento non sono ulteriormente tenuti a pagarla. Quelli che contraddiranno, fatto poco conto della richiesta. devono essere trattenuti per mezzo di una censura ecclesiastica, non facendo impedimento le cose dette sopra, le costituzioni ed ordinazioni apostoliche a qualunque cosa contraria. Ma se il detto Alberto, o qualunque altro, si opponesse sia perdonato, poichè non possono essere interdetti, sospesi o scomunicati per mezzo di lettere apostoliche, non facendo menzione piena ed espressa, parola per parola,
del perdono.

BOLLA PAPALE DI PIO II del 20 novembre 1467

Paolo Vescovo servo dei servi di Dio. Salute ed apostolica benedizione al venerabile fratello vescovo parmense. Ordiniamo a tutti i fedeli sia osservato il tenore di una certa costituzione edita da noi nel giorno 20 settembre dell'anno dell'incarnazione del Signore 1464, pubblicata su preghiera delle dilette figlie in Cristo abbadessa Stefanina e monastero di San Pietro di Brugora dell'ordine di San Benedetto della diocesi di Milano; abbiamo fatto notare ai presenti che richiedevano quelle cose che dovevano essere fatte per la conservazione ed esecuzione dei propri diritti contenuti in certe lettere
apostoliche che hanno bisogno di approvazione. Volendo e dando ordini per mezzo di apostolici scritti sino a qual
punto tu debba usare del contenuto e secondo questo tu debba procedere alla esecuzione di detto contenuto delle lettere. Parimenti il predetto signore provveda affinchè si ridia completo valore alle lettere di grazia e giustizia concesse dallo stesso Pio predecessore morto prematuramente; lettere non presentate a tempo debito, nello stato primitivo come veramente erano prima, ai loro esecutori e a quelli per i quali erano state ottenute; lettere che furono restituite e fu decretato che si possa e debba procedere alla loro esecuzione per mezzo dei predetti esecutori o di delegati qualora nei predetti tempi l'esecuzione fosse stata incominciata.
Roma San Marco anno dell'incarnazione del Signore 1467, 20 novembre.
Nell'anno quarto del nostro pontificato.

BOLLA PAPALE DI INNOCENZO VIII del 7 marzo 1488

Innocenzo Vescovo servo dei servi di Dio. Salute ed apostolica benedizione ai diletti figli messi a capo di S. Trinità fuori delle mura di Milano ed alla chiesa di S. Stefano di Appiano della diocesi di Milano. La diletta in Cristo figlia Abbadessa ed il monastero di San Pietro di Brugora, dell'ordine di San Benedetto della diocesi di Milano dimostrò che il detto monastero con tutti i suoi luoghi e persone era del tutto esente da ogni giurisdizione, superiorità e dominio di qualsiasi arcivescovo, vescovo o di altri giudici ordinarim per mezzo di uno speciale privilegio della Sede Apostolica e sottomesso alla stessa sede apostolica; così pure non sia possibile ad alcuno di intervenire :se si compie delitto o contratto o altra cosa, ovunque sia commesso, anche se giovi il delitto, il contratto o altra cosa. Gli arcivescovi, i vescovi e gli altri giudici predetti non possono esercitare con l'ordinaria autorità, atti di giurisdizione o di qualche potere sul predetto monastero che fu sempre in possesso dell'esenzione e della libertà dal tempo della concessione del predetto privilegio. Tuttavia Giovanni Battista de Ferri, allora vicario e ora anche arcivescovo di Milano, annuì e comandò all'abbadessa ed al convento di non procedere alla elezione di una abbadessa, quando venisse a mancare quella eletta. senza sua licenza, sotto la comminazione di una pena di larga applicazione. L'abbadessa ed il convento comprendendo di essere aggrate da questa inibizione e comando, si appellarono alla predetta sede, e poichè Martino di Cazago canonico milanese vicario della chiesa milanese, essendo allora la chiesa di Milano lasciata senza pastore, deputato per mezzo del capitolo della stessa chiesa, chiese all'abbadessa ed al convento notizie intorno all'appello apostolico, e il certo e espresso termine da compuarsi dal giorno della mancanza
dell'abbadessa per trattare della stessa elezione, proibì che l'elezione fosse fatta da loro. Si appellarono infine l'abbadessa e le monache alla stessa Sede, ma il predetto Martino vicario non ignorava quest'ultimo appello, e pendente l'appello
stesso disprezzò l'abbadessa e il monastero trasmettendo loro un certo altro mandato espresso come il precedente e cercò temerariamente di corromperli; la stessa abbadessa e convento si videro perciò indebitamente aggravate
e si appellarono una seconda volta alla Santa Sede. Perciò, riguardo alla vostra discrezione, per mezzo di scritti apostolici,
chiamati quelli che devono essere chiamati e ascoltati i racconti, decretate ciò che sarà riscontrato giusto, e ciò che decreterete per mezzo della censura ecclesiastica dovrà essere fermamente osservato. I testimoni che furono nominati,
e si siano sottratti per gratitudine, odio o timore, cessando l'interrogazione siano spinti ad offrire testimonianza di verità. Se ambedue non potrete interessarvi di queste cose, nulladimeno uno di voi le esegua.
Roma S. Pietro nell'anno dell'incarnazione del Signore 1488-7 marzo, nell'anno I del nostro pontificato.

BOLLA PAPALE DI INNOCENZO VIII del 28 novembre 1488

Innocenzo servo dei servi di Dio. A perpetua memoria della cosa affinchètra le amatrici della eterna beatitudine le quali. assumendo l'abito della sacra vita religiosa, anzichè a figli degli uomini si sposarono con voto celeste a colui che è più bello e a lui come le vergini prudenti si preparano ad andare incontro con le lampade accese; fra di loro dunque crescano con
abbondanza i fiori dell'amore, dell'onestà e della serenità. Consideriamo la richiesta con maggiore amore per la carità e concediamo la grazia di essere esaudite cosicchè, respinte le trattative del mondo, per sottomettersi alla osservanza della loro regola e per poter meglio sottomettersi all'ossequio di Dio, e stabilire anche quelle cose che abbiamo visto riuscire
salutari alla loro santità, e si studino di portare a termine nel nome del Signore. Naturalmente per parte della diletta figlia in Cristo, della badessa Stefanina e del convento e monastero di S. Pietro di Brugora dell'ordine di San Benedetto, diocesi di Milano, chiesa romana immediatamente soggetta a noi, fu avanzata richiesta che diceva che benchè esse stesse servano l'altissimo nel medesimo monastero con odore di buona fama, tuttavia per ottenere un frutto di vita migliore e per poter più sinceramente e più quietamente rendere all'altissimo i loro voti, con grande desiderio chiedono che sia introdotta
nel monastero l'osservanza di un nuovo ordine e questo venga istituito come lo fu negli altri monasteri riformati di monache del medesimo ordine di quelle parti. Per la qual cosa per parte della badessa Stefanina e del convento fu fatto
presente che Enrico di San Clemente, cardinale che allora per concessione apostolica presiedeva alla chiesa milanese ed era legato della sede apostolica in quelle parti, ordinò alla medesima badessa e convento che non ricevessero
nè ammettessero da allora in poi nel medesimo monastero alcuna professa nè novizia senza uno speciale permesso della sede apostolica. Si supplicò umilmente che si degnassero di stabilire et ordinare che la badessa e le monache
del medesimo monastero di ora e di sempre debbano vivere e siano tenute, sotto la regolare osservanza del detto ordine e che lo stesso monastero sia retto e governato solo per mezzo della badessa triennale e di decretare che le
accettazioni di monache e le ammissioni della professione loro, fatte per mezzo della detta Stefanina siano state e siano valide, e di prendere gli altri opportuni provvedimenti con benignità apostolica. Quindi noi che desideriamo intensamente un avvento della pietà religiosa, supplichiamo con questa disposizione d'animo che d'ora e in tutti i tempi futuri la badessa e le monache del predetto monastero. presenti e future, possano accogliere nuove monache sotto regolare osservanza del detto
ordine e tenerle come le altre monache dei monasteri riformati dello stesso ordine. Lo stesso monastero, per mezzo dell'abbadessa solo triennale, che deve essere concordemente scelta per mezzo del convento o per maggior parte
di esso, così eletta e senza altre conferme del monastero, nelle cose spirituali e temporali regga e governi e riceva le fanciulle fuggite dal mondo come monache del monastero C dia a loro l'abito regolare. Decretiamo che le accettazioni di monache e le ammissioni nella loro professione, fatte finora per opera della detta Stefanina, ebbero ed hanno
valore con piena autorità. Non essendovi contrarietà alcuna nella predetta proibizione, nelle costituzioni e nelle ordinazioni apostoliche e nemmeno nel giuramento dell'ordine e monastero predetti, la conferma apostolica è fortificata dagli statuti, consuetudini e da tutti gli altri contratti. A nessun uomo, pertanto sia lecito infrangere questa pagina del nostro statuto dell'ordinazione e della costituzione oppure osi temerariamente contraddirla. Se quindi qualcuno presumerà di tentare l'indignazione di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo, sappia in cosa incorrerà.
Dato a Roma presso San Pietro nell’anno 1488 dell'incarnazione del Signore
28 novembre V anno del pontificato nostro.

BOLLA PAPALE DI INNOCENZO VIII del 17 dicembre 1491

Innocenzo servo dei servi di Dio. Per un perpetuo ricordo della cosa la solita benevolenza della Sede Apostolica, per mezzo dei pontefici romani e di altri, volentieri approva per il rafforzamento e lo aumento della religione, che soprattutto le persone di esso femminile vivano sotto il giogo della religione in pace e quiete nella clausura provvisoriamente fatta e concessa; aggiunge la forza della difesa apostolica ed ammette quelle cose che riguardano la salvezza delle anime stesse.
La richiesta a ragione presentataci di recente da parte delle dilette figlie in Cristo Abbadessa Beltrami e monache del monastero di San Pietro di Brugora della pieve di Agliate, dell'ordine di San Benedetto, della diocesi di Milano,
conteneva che Eriberti chierico in S. Pietro di Brugora, avendo donato 288 anni or sono la chiesa dei SS. Pietro e Paolo costruita per mezzo del medesimo Eriberto con l'aiuto del padre e della madre e dei fratelli, con molti
beni censi e redditi, per una sua sorella monaca figlia di Giovanni fratello di Eriberti che con molte altre monache servivano Dio presso la chiesa ed il monastero secondo la regola del beato Benedetto; ed avendo poi concesso
i pontefici romani predecessori di quello odierno, Pasquale, Calisto 11, Innocenzo I1 e Alessandro, diversi privilegi grazie esenzioni ed indulti al detto monastero; per mezzo dei quali il monastero, l’Abbadessa, le monache e i
beni del luogo erano stati esentati dalla soggezione a qualsiasi autorità e
sottoposti alla diretta protezione di S. Pietro della sede apostolica e della Chiesa Romana; quanto sopra essendo stato ordinato dai Papi nostri predecessori, da parte dell'abbadessa e delle monache fummo umilmente supplicati
affinchè ci degnassimo di aggiungere la forza della approvazione apostolica, dopo i privilegi grazie ed immunità ed esenzioni concerni, alla impresa e allo statuto dell'ordinamento e ad altre cose oltre alle dette. Noi dunque, che desideriamo vivamente che i monasteri gli altri pii luoghi e le persone servano in quiete sotto l'altissimo soave giogo della contemplazione
per la salvezza delle anime; inclinati a tali suppliche, confermiamo la devozione le grazie l'immunità l'esenzione l'impresa lo statuto e l'ordinamento sino al punto in cui sono in uso secondo il diritto e come concessi al monastero dall'autorità apostolica, e approviamo e decretiamo che ottenga la forza di una perpetua conferma; di questa donazione eliminiamo
i difetti in particolare e in generale, se ve ne furono, affinchè l'abbadessa
e le monache che sono nel monastero o vi entreranno possano attendere più tranquillamente e liberamente ai voleri divini e provvedere alla salute delle proprie anime, possano sciegliere un buon prete anziano di coscienza
timorata di buona mente e fama, secolare o di qualche ordine, come guida consigliere e padre spirituale del monastero con il consenso della presente Abbessa e possano secondo il loro piacere allontanarlo. Chi ascolta le
confessioni di coloro che sono Abbadessa e monache nel monastero o di quelle persone che stanno nel recinto dello stesso monastero, di ambedue i sessi, e amministra tutti gli altri sacramenti ecclesiastici; possa elargire con la nostra autorità l'assoluzione plenaria nella fede sincera ed in unione alla Santa Chiesa Romana e nell'obbedienza di noi successori, agli eccessi commessi da loro e ai delitti anche se riservati alla Sede Apostolica ed alla censura; dei
quali i peccatori addolorati si siano confessati a voce una volta nella vita o nel momento della morte; e possa mutare in altre opere di pietà qualunque voto ammesso conseguano le medesime indulgenze perfettamente e per tutto
il tempo futuro anche Abbadessa e monache e persone di ambedue i sessi viventi nei confini del monastero qualora abbiano recitato salmi penitenziali con litanie fino a cento, le altre orazioni domenicali ogni giorno, con le salutasioni
angeliche, in ginocchio devotamente davanti all'altare del monastero,
nel quattordicesimo giorno dal quale fecero ciò, o se compissero altre cose
ordinate dalla Sede Apostolica. Concediamo che l'odierna abbadessa e le future di questo monastero con
le monache ammalate e deboli sotto il calore soffocante possano liberamente e lecitamente dispensare dalle cerimonie con digiuni ed altre cose che non siano dell'essenza regolare del monastero e dell'ordine, quante volte sembrerà opportuno, della qual cosa mettiamo il carico sulle loro coscienze. Non abbiamo voluto che il medesimo confessore comandi all'abbadessa
e alle monache, a quei servi e a quelle persone che vivono nel recinto del
monastero di dare soddisfazione su quelle cose sulle quali egli stesso o gli altri pensino che debbano essere fatte. E se a causa di tale grazia l'abbadessa o le altre persone predette fossero spinte a compiere per il futuro cose
illecite, per le dette cose non esista alcuna remissione. Nulladimeno affidiamo a tutti i patriarchi, arcivescovi, alle persone costituite in autorità ecclesiastica ed ai canonici delle chiese e cattedrali che vivono, ai quali l'abbadessa e le predette monache ricorressero per reprimere i contradditori di farlo loro stessi o con l'aiuto di altri presentando appello
anche alla nostra autorità e chiamando in aiuto il braccio secolare se ci sarà bisogno, affinchè l'abbadessa e le monache e i loro servi e le persone che vivono nel recinto del monastero godano un pacifico possesso a conferma ed
approvazione dei privilegi esenzioni immunità indulto indulgenze quiete e tutte le altre cose promesse; non permettano che per mezzo di chiunque, anche risplendente di una patriarcale od arcivescovile o vescovile dignità,
siano in qualsiasi occasione impedite o in qualsivoglia modo molestate l'abbadessa e le persone predette.
Non ponendo ostacolo Bonifacio ottavo nostro predecessore, da ciò soprattutto
ci si guardi: che nessuno fuori della propria città o diocesi, se non in certi casi eccezionali e di quelli al di là del confine della propria diocesi, sia chiamato a giudizio; o che i giudici incaricati della sede apostolica non presumano di poter procedere contro qualsiasi persona fuori della città o diocesi; o che altri non presumano di poter dare il cambio ad altri; e che sui
detti due editti nel consiglio generale e sulle altre costituzioni e ordinazioni apostoliche da parte della stessa sede sia stato perdonato perchè non possono essere interdetti, sospesi o scomunicati per mezzo di lettere apostoliche non
facendo un pieno ed espresso ricordo di tale indulto parola per parola. Dunque a nessuno sia permesso infrangere questa pagina della nostra conferma decreto indulto volontà e mandato o andare temerariamente contro di essa. Se qualcuno presumerà di tentare ciò pensi che incorrerà nella indignazionedell'onnipotente Dio e dei beati apostoli Pietro e Paolo.
Roma, San Pietro, nell'anno dell'incarnazione del Signore 1491, dicembre
17 nell'anno ottavo del nostro pontificato).

BOLLA PAPALE DI GIULIO III del 4 novembre 1553

Alle dilette figlie salute ed apostolica benedizione. Le dilette figlie in Cristo, badessa e monache, e le persone del monastero dell'ordine Milanese di Cristo signor nostro, ci fecero presente che i frutti, i redditi e i guadagni del detto monastero sono cosi magri ed esigui, che non riescono ad avere sufficienti risorse per il loro mantenimento e il vestito e per le altre cose utili
al loro monastero, ed infine per sostenere i pesi del padrone che su di loro incombono; e, come aggiungeva la medesima annotazione, se non saranno esentati dagli esattori delle decime che sono superiori ai frutti, alle rendite e ai proventi dei monasteri e delle chiese, e dei benefici ecclesiastici rispetto al gravare dei pesi, verso la Santa Chiesa Romana, imposti a seconda del tempo da quelli ai quali spetta, tenendo presente la povertà di questa medesima abbadessa e delle monache e delle persone delle quali, come abbiamo saputo, ciascuna deve più di sette ducati d'oro alla Camera, e l'abbadessa,
come ministra, il doppio, ogni anno in rapporto con la sua porzione, e se le stesse (monache e badessa) non saranno sciolte dal pagamento delle decime e delle imposizioni. immediatamente costoro saranno costrette ad
abbandonare il monastero ed a recarsi alla casa dei genitori e dei parenti loro ed a cercare altrove vitto e vestito, con gravissimo disonore ed obbrobrio della religione e con scandalo dei fedeli e pericolo di tutte loro. " Noi. poichè
da parte delle sopraddette badessa e monache e persone ci fu presentata umile supplica affinchè ci degnassimo di provvedere in modo opportuno, con apostolica benignità a questa necessità ed alle altre cose sopraddette; noi dunque
presi da compassione per la povertà di queste monache R badessa e persone,
e volendo concedere favori spirituali e grazie, e resi favorevoli da queste premesse, noi per mezzo della presente affidiamo e comandiamo che-se è cosi, questa badessa e monache e persone, voi per nostra autorità esentiate
e liberiate da tutte e singole le decime di questo genere,, che tuttavia furono un tempo imposte da noi e dai nostri predecessori pontefici romani, e che dovrebbero essere imposte nel tempo futuro da noi e dai nostri successori, e
da loro non esigiate alcuna decima: che anzi se questo monastero si trova segnato nel libro dei pagamenti e dei contributi, voi da qui in poi per questo fatto lo dobbiate cancellare e lo stesso monastero segnate come esentato. Infatti abbiamo decretato che da qui in poi non abbia più valore tutto ciò che sopra questo monastero e suore sia stato stabilito di proposito o con ignoranza da qualche autorità, non essendoci alcun diritto in contrario a queste costituzioni ed ordinazioni e lettere apostoliche riguardanti l'imposizione di queste decime.

BOLLA DEL PAPA SISTO V del 23 dicembre 1598

In seguito alle istanze delle badesse e monache dei monasteri di Lambrugo, Brugora, Cremella e Bernaga, contro il trasferimento dei monasteri entro la città di Milano, Papa Sisto V delegò Orazio Burghesio, protonotario
apostolico nonchè giudice ordinario, a giudicare la vertenza. Questi, esaminati i documenti presentati, fece citare le parti fissando un termine perentorio. Per i predetti monasteri comparve Giuseppe Battista Nava, milanese,
il quale presentò la citazione ricevuta, chiese che venisse dichiarata la contumacia della parte avversa e fosse tramutata in istrumento pubblico la lettera apostolica notificata ed avesse forza di un decreto. I1 giudice Orazio Burghesio esaminò la lettera apostolica e dispose quanto richiesto a mezzo del notaio della curia apostolica Maurizio Boccarino. Nell'atto
pubblico fu trascritta la lettera apostolica che era stata comunicata alle parti. La lettera ha il seguente tenore: Al venerabile fratello arcivescovo di Milano, Papa Sisto V, venerabile fratello, porge il suo saluto ed apostolica
benedizione. E' stato santamente comandato per mezzo del capitolo V. sessione XXV del concilio di Trento, che i vescovi facessero ritornare le monache
poste nei monasteri fuori delle mura della città o della fortezza. ai monasteri nuovi o vecchi più frequenti entro le mura delle città o fortezze. Secondo l'ordine del Papa Gregorio XIII, nostro predecessore, doveva essere
fatto eseguire dal cardinale di. Milano, per concessione apostolica presule nei quattro monasteri di monache, dell'ordine di San Benedetto, di Lambrugo, di Brugora, di Cremella e di Bernaga, del Monte di Brianza.
I cardinali di santa romana chiesa delegati per l'interpretazione dei
decreti di detto concilio, ascoltate le parti e discusse le loro richieste, dichiararono che i predetti quattro monasteri non fossero affatto esclusi dal citato V capitolo. In seguito non fu fatto altro e il Papa nostro predecessore confermò
con un breve apostolico l'interpretazione dei predetti cardinali. (Nota: Papa Gregorio XIII con la bolla 12 dicembre 1580 aveva concesso ai quattro monasteri di rimanere dov'erano). I1 cardinale Maffeo Maffei, di buona memoria
,secondo l'ordine del papa nostro predecessore, emise allora una lettera con la disposizione che nei medesimi monasteri non fossero ammesse alla vestizione novizie fino a quando non fosse dato ordine contrario.
Le monache dei detti monasteri, a mezzo dei loro procuratori, fecero ricorso presso di noi per la revocazione per mezzo nostro della lettera suddetta. La questione fu passata al cardinale di santa romana Chiesa, i quali affidarono
le ricerche all'arciprete Camillo Aulario della chiesa di san Giovanni di Monza. I1 commissario riferì con una diligente relazione, e fece fare una pianta di questo Monte e uno stato dei monasteri, dei luoghi, città e terre
vicine ai detti monasteri non compresi nel V capitolo, e parve bene loro che i monasteri non dovessero essere rimossi dai luoghi nei quali si trovano da seicento anni piamente fondati e costruiti. Per la qual cosa noi, su consiglio dei predetti cardinali, abbiamo stabilito la medesima cosa, e per mezzo della presente affidiamo alla tua fraternità
e ordiniamo che tu permetta che nei quattro monasteri vengano accolte ed ammesse alla vestizione le novizie come già potevano fare prima della sopraddetta proibizione; osservate le solite richieste e necessarie licenze, non
opponendosi proibizione di sorta che noi per mezzo della presente aboliamo e revochiamo, e nonostante neppure le costituzioni e ordinazioni apostoliche
e qualsiasi altra che sia contraria. Dato a Roma, presso san Pietro, con anello pescatorio, il giorno 23 dicembre 1588,
anno IV del nostro pontificato Compiute tutte le formalità concedemmo la nostra autorità, come la concediamo alla presente lettera; e comandammo che il presente atto fosse compiuto nella fiducia di tutti, che venisse sottoscritto
dal notaio Maurizio Boccarino e munito del sigillo della camera apostolica del quale ci serviamo per simili atti.
Dato a Roma, nel nostro palazzo, nell'anno 1599 della natività di nostro Signore, I1 indizione, giorno 14 di aprile, nel IV del sommo pontificato del Padre in Cristo Signor nostro Sisto per divina provvidenza V.
Ovidio Erasmo, e Giovanni Giacomo de Fabi, notai dtila curia, come
testimoni.
Maurizio Boccarino, notaio delle cause della curia apostolica